Non viene anche a voi il dubbio che tutto sia inutile? Tutto sempre troppo superficiale di fronte alla complessità estrema dell’universo? Dell’essere umano?
Dice: “Non la prendi un po’ troppo alta?”
E come la devo prendere? Come devo impugnarla, questa vita sghemba, dove se vuoi vivere devi correre, devi stare in piedi, devi concentrarti, devi lottare. Mica per arrivare a un risultato: solo per cercare la felicità.
Per cercarla (non è detto che si trovi) occorre lottare. L’uomo è fatto per la lotta. Stare fermi, seduti, attendere, oziare, conduce alla passività, al nichilismo, all’insoddisfazione piena e sorda.
E allo stesso tempo si vorrebbe oziare, stare bellamente vacui a rimirare un tramonto, una foglia, uno che passa.
Dice: “Provi senso di vuoto?”
Ma no! Ma che senso di vuoto? Casomai di troppo pieno, di livello alto. Ma non di stanchezza, di lavoro, di sonno o fame: oggidì, qui in Europa, sono tutte cose positive, sono malesseri che possiamo rapidamente dissipare e non senza piacere. Una casa accogliente, un posto comodo, un letto, una tavola apparecchiata, bene o male ci sono in ogni casa. E soddisfare questi bisogni è un godimento profondo a cui però ci siamo un po’ troppo abituati.
Dice: “Voi scrittori siete così, se non fate un po’ i sofferenti, i tribolati, gli ipocondriaci, non siete soddisfatti”.
Ma io protesto! Non sono uno scrittore! Sono un operaio. È questo che mi dà da vivere. Con i miei libri e le mie parole ben allineate non ho mai sfamato nessuno, non ho mai cambiato una pagliuzza, non dico nell’universo, ma neanche nel rione dove abito. E dunque perché scrivere? Perché pubblicare? Coinvolgere persone amiche per riletture, commenti, revisioni, accettazioni o rifiuti, elaborazioni, rielaborazioni. Per giungere dove? Per portare un sollievo? E anche se fosse, a chi?
Dice: “Hai la testa piena di buffonate, di idee strambe. Sei pieno d’aria, infine, pure tu. Soffia via, scarica, sgonfia, gàvte la nata (dicono in Piemonte, cioè: togliti il tappo)”.
Sarà così. Sono, siamo pieni. Sazi di idee e proposte e concetti. E la cosa insana è che siamo morbosamente legati anche alle idee, alle nostre sacre convinzioni. Stiamo comodi a pensare che il mondo sia proprio come l’abbiamo pensato. E invece il mondo fa un po’ come gli pare, e comunque è diverso, lontanamente diverso da come lo vorremmo. E non ci possiamo far niente.
Possiamo solo imparare a lasciare andare.
Febbraio 15, 2020 il 10:17 pm
Sicuramente sei più giovane di me. Ci vogliono anni di sbattimenti, di testate contro il muro, di dolori acuti, di sofferenze vissute sulla propria pelle per capire che la felicità è in quel minuto che assapori. Felicità è il momento presente. Inutile cercarla, non la raggiungerai mai! E allora mi rifaccio all’ultima frase, quella che ha dentro tutto: “possiamo solo imparare a lasciare andare”. Ogni anno cerco un motto nel quale possa riconoscermi per i mesi a seguire. Quello del 2019 era “lasciar andare”. Quest’anno sono ancora indecisa, ma penso che potrebbe essere: “grazie per essere ancora qui”. Comunque piacevole il testo, grazie a te
Febbraio 18, 2020 il 7:30 pm
Se è una questione di età, allora non è il dolore che fa la differenza. E poi no, io non ci credo all’età o al dolore come portatori di saggezza, esperienza, comprensione. Ci sono persone che anche se vivessero mille anni non imparerebbero niente. Altre che a sedici, hanno capito molto. “Da tempo e mare non s’impara niente” diceva il Lemuele di Guccini.
La felicità è una questione ormonale. Occorre coltivare le condizioni per sviluppare certi ormoni e non altri. La soddisfazione del lavoro ben fatto è una di queste. Penso a Ivan Denisovič, alla soddisfazione per aver fatto un muro dritto, anche da prigioniero, anche se è in un gulag…
Grazie comunque per la risposta.
Febbraio 16, 2020 il 5:46 pm
Ho sempre pensato che a provare a cambiare anche solo una testa, a tentare di portare alla riflessione qualcuno, non si è mai in torto. Per questo motivo scrivo. Non per presunzione di conoscere la verità assoluta, ma per far conoscere la mia esperienza, per offrire una possibilità, un punto di vista e, se sono fortunata, aprire una breccia nel cuore dell’altro. Perché lo so che il mondo non è il luogo che abbiamo idealizzato, ma proprio questo suo essere contraddittorio da a noi la possibilità di cambiarlo, anche solo per una parte infinitamente piccola. Abbiamo un mondo di creta sotto i piedi. Non possiamo modellarlo tutto, ma possiamo costruire strade al nostro passaggio, e forse altri le vorranno percorrere insieme a noi, o dopo di noi. O forse la storia dimostrerà che non portavano a niente. Ma se non tentassimo, se lasciassimo andare le parole al posto di trattenerle e imprimerle tra i sassi e la polvere, per renderle fruibili, per creare punti di partenza, indicazioni, cartelli, che senso avrebbe il nostro passaggio?
Io stessa ho seguito indicazioni di altri, prima di riuscire a segnare la mia personale strada. E ancora adesso, lungo il cammino, cerco conforto e speranza nelle parole degli altri. Non so se vince chi molla, ma di certo perde chi non legge. ❤️
Febbraio 18, 2020 il 7:37 pm
Eh… Cambiare delle teste, addirittura… Mi accontentavo del sollievo. Hai ragione a sostenere la tua passione per la scrittura e sì, non si è in torto mai se si porta riflessione, stimolo, emozione.
Io credo, l’ho scritto, d’essere ininfluente. Ma è qui che m’incaponisco: a lottare solo quando si vince, son buoni tutti, lo diceva il nasone di Bergerac, verso la fine…
Bella l’immagine della creta sotto i piedi.
Tuttavia non mi soddisfa. Ovvero non soddisfa l’incompletezza che sento, l’inutilità.
Grazie per la tua risposta.
Febbraio 16, 2020 il 6:52 pm
Il mondo cambia a ogni battito di ciglia che facciamo, a ogni parola che potevamo dire e non abbiamo detto, a volte sto ferma e aspetto, poi
succedono cose per le parole che ho avuto in mente e ho detto. Come queste che hai scritto. Lasciamo andare quelle brutte e quelle inutili.Quelle si’!
Febbraio 18, 2020 il 7:38 pm
Si, adattarsi al cambiamento. Questa è anche una grande proprietà dell’uomo: adattarsi e riadattarsi continuamente.
Chissà se qualche seme germoglia? Forse neanche lo sapremo.
Grazie per il tuo contributo.
Febbraio 19, 2020 il 12:48 pm
Ma,
Cantare, Sognar sereno e gaio, libero indipendente,
aver l’occhio sicuro e la voce possente,
mettersi quando piaccia il feltro di traverso,
per un sì, per un no, battersi o fare un verso!
Lavorar, senza cura di gloria o di fortuna,
a qual sia più gradito viaggio, sulla luna!
Nulla che sia farina d’altri scrivere, e poi
modestamente dirsi: ragazzo mio, tu puoi
Tenerti pago al frutto, pago al fiore, alla foglia
pur che nel tuo giardino, nel tuo, tu li raccolga!
Poi, se venga il trionfo, per fortuna o per arte,
non dover darne a Cesare la più piccola parte,
Aver tutta la palma della meta compita,
e, disdegnando d’essere l’edera parassita,
pur non la quercia essendo, o il gran tiglio fronzuto
salir, anche non alto, ma salir……..senza aiuto!”
No, grazie!
Erano anni che non rileggevo il monologo di Cyrano. In età giovanile mi accompagnava sempre e lo mandavo a memoria facilmente. Poi gli anni, il lavoro, le delusioni della vita me lo hanno fatto dimenticare.
Alessandro, hai un dono prezioso.
Quando ci chiederemo “Orsù che dovrei fare?” leggiamo e rileggiamo le parole di Cyrano!
Grazie a Franca, Maena, Maddalena…
Febbraio 19, 2020 il 7:02 pm
Che dite? è vana, lo so, la resistenza adesso
ma non si pugna nella speranza del successo!
No, no: più bello è battersi quando è invano. Qual
drappello è lì? Son mille… Ah, sì, vi riconosco,
vecchi miei nemici siete tutti colà!
La menzogna?
Ecco, prendi! Ecco, ecco le viltà!
Ed ecco i compromessi, i pregiudizi!
Che io venga a patti? Mai! Ed eccoti anche te,
Stoltezza! Io so che alfine sarò da voi disfatto;
ma non monta: io mi batto, io mi batto, io mi batto.
Voi mi strapperete tutto: il lauro e la rosa!
Strappate pur! Malgrado vostro, c’è qualcosa
che io mi porto (e stasera quando sarò il cielo entrerò
fiero azzurra soglia salutarne potrò)
ch’io porto meco, senza piega nè macchia, a Dio,
vostro malgrado
Ed è…
Il pennacchio mio!
Sipario-applausi
(PS chi è senza magone, a questo punto, sarà sospeso dal blog per un mese).
Febbraio 20, 2020 il 3:41 pm
Salir senza aiuto, contare sulle proprie forze e migliorarsi sempre, senza curarsi del giudizio o del plauso degli altri. A me non l’ha insegnato Cyrano, che pure lo descrive perfettamente, ma in un certo senso lo fa la corsa, ogni volta. Mi alleno per me, raccolgo i frutti del mio giardino, ma racconto agli altri la mia esperienza, non si sa mai, magari chi guarda, pur tacendo, troverà uno spunto di riflessione dal quale partire. Non mi aspetto ringraziamenti, perché io sono già colma dello stupore che la pratica mi regala ogni volta, ma sono certa che da qualche parte c’è chi comincerà a correre anche solo pensando che, se ce l’ho fatta io, perché non può riuscirci lui?
Con la scrittura è uguale. provo talmente tanto piacere nello scrivere, che pazienza se non verrò letta, ho già il mio tornaconto. Ma se anche uno dovesse trovare nelle mie parole (e sono sicura che ciò accada)una luce nelle sue insicurezze, un sorriso tra le lacrime, una virgola tra i pensieri, beh, ne sarà valsa la pena. Però c’è da dire che io sono nata positiva a oltranza ! Un abbraccio, Cristina e Alessandro ( Ale caro, anche io penso che tu abbia un dono davvero prezioso, e mò ti tocca sospendermi per un mese, perché il magone mi viene solo al pensiero che una penna come la tua possa scoraggiarsi, mentre continuo a nutrire una fede sconfinata nell’umana specie e nella sua capacità di emozionarsi.)
Febbraio 20, 2020 il 9:47 pm
Quanto sono importanti gli ottimisti!
Felice d’aver destato reazioni, dialogo, domande.
Buona vita a tutti.