Chiara Santoianni, del sito Chiara’s Angels ha condotto questa bella intervista a Massimo Angelini che troverete presto pubblicata. Per ora, in anteprima, eccola sul nostro blog.
Chiara’s Angels nasce nell’ottobre 2005, con l’intento di creare una rete di aiuto reciproco tra donne. Nel marzo 2006, il portale della solidarietà femminile è tra i 5 finalisti della categoria Progetti per le donne al Premio DonnaèWeb; nel dicembre 2006, ottiene il 2° posto nella categoria eInclusion all’eContent Award Italy, premio per il miglior contenuto digitale.
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Domanda: Pentagora, insieme a insedicesimo, è una ‘costola’ di Defino & Enrile editori. Qual è la storia di questa casa editrice e come si differenziano i suoi marchi editoriali?
Risposta: Pentàgora è un marchio di Delfino&Enrile snc, nasce nel 2012 sotto la guida di Massimo Angelini, senza – è onesto riconoscerlo – alcuna ingerenza della società proprietaria del marchio nelle scelte editoriali. Pentàgora si caratterizza:
– per la qualità delle collane, orientate intorno ad alcuni assi di riferimento: la cultura del mondo rurale, una narrativa di sapore corale e quotidiano, le riflessione su percorsi di pensiero non ovvi (talvolta, inattuali);
– perché a nessun’autrice è chiesto di contribuire alla pubblicazione in alcuna misura, neppure minima, neanche attraverso l’acquisto dei libri;
– perché le proposte sono discusse e approvate dal comitato editoriale solo all’unanimità (questo comporta la scelta di 7/8 opere su oltre 120 proposte annue);
– per l’editing stretto e sempre concordato, che comporta un impegno che va da 2 a 6 e più mesi di lavoro, al quale ogni opera viene sottoposta.
Qui le nostre scelte https://blog.pentagora.it/pentagora, e qui l’iter di selezione e, a selezione avvenuta, quello editoriale: https://blog.pentagora.it/invio-proposte/
InSedicesimo, del tutto indipendente da pentàgora, è un altro marchio editoriale della stessa Delfino&Enrile, curato direttamente da Alessio Delfino, aperto a qualunque proposta ritenuta apprezzabile (indipendentemente da tema, forma, stile); non sono previsti i criteri stringenti stabiliti per i libri pentàgora; per pubblicare è richiesto un acquisto minimo di 50 copie; non è previsto alcun editing, solo correzione di bozze. Se per arrivare a pubblicare con pentàgora occorre un iter di almeno un anno, con InSedicesimo può bastare un mese.
Lei è autore di Ecologia della parola (pentàgora, 2020), dunque un esperto di etimologia. Il nome del marchio pentàgora non nasce certo per caso: ce ne spiega l’origine? Qualche legame con il personaggio de L’esclusa di Pirandello?
Il nome pentàgora è stato scelto per l’assonanza con molte parole note, pur non significando nulla oltre alla stessa casa editrice.
La casa editrice che lei dirige è una delle poche, insieme a e/o e a Babalibri, a non voler affidare la vendita dei propri libri ad Amazon. Quali sono le ragioni di questa scelta e quali canali preferite usare?
Non non vendiamo i nostri libri ad Amazon e vietiamo ai nostri distributori di venderglieli. Questo per una ragione squisitamente politica: perché siamo profondamente contrari a ogni forma di monopolio e Amazon interpreta la tensione al monopolio in modo eccellente. E non importa se la scelta ci fa perdere un quota di mercato, perché le scelte di principio e testimonianza, se sincere, non possono fermarsi dove iniziano gli interessi.
I libri di pentàgora rappresentano un incontro tra tradizione e innovazione: se, da un lato, in fondo a ogni pagina destra si trovano le parole con cui inizia la successiva, come si usava fino alla fine del 1700 per facilitare una lettura ad alta voce senza interruzioni, all’inizio di ogni libro di narrativa vi è una tag cloud con le parole più usate nel testo, come su un sito web. Quali aspetti dell’editoria tradizionale pensa vadano valorizzati oggi, e su quali dell’editoria elettronica bisognerebbe puntare?
Sull’editoria elettronica preferisco non esprimermi perché è un ambito editoriale sul quale non possiedo conoscenze approfondite; peraltro, la ritengo adatta ad ambiti (scolastica e accademica, manualistica, narrativa di evasione) sui quali non ci impegnamo. Per ciò che riguarda l’editoria tradizionale, penso che per durare nel tempo e resistere ai venti delle mode commerciali non ci sia altra strada che investire sulla bellezza e sull’alta qualità, sia per la scelta dei testi, sia per la confezione editoriale. Credo sia bello scommettere su libri che si spera destinati a restare nel tempo: c’è in commercio troppa letteratura improvvisata, di consumo facile, veloce, distratto. Dal mio osservatorio – limitato – fra le proposte che arrivano incontro spesso molta autoreferenzialità e poco mestiere, quasi mai qualcosa votato alla bellezza e a durare oltre al piccolo desiderio di essere pubblicati.
In ogni parte dei vostri testi, il gruppo consonantico st è congiunto in alto da una legatura. Si tratta di un sistema per agevolare la lettura? Pensate in futuro di proporre testi con font adatti alla dislessia?
Il font che usiamo presenta diversi esempi di legature tipografiche: un tempo servivano per agevolare la lettura, oggi sono solo un vezzo estetico. Font, gabbia, interlinea, formato, parti paratestuali, quadratura della copertina… fanno parte dell’immagine grafica coordinata e costante che caratterizza i libri di pentàgora. Ma se dovessi ricominciare oggi e impostare un nuovo stile editoriale, penserei seriamente ad adottare font più facilitanti di quelli usati abitualmente.
Il vostro codice etico, che avete messo per iscritto, premette che pentàgora è un “laboratorio editoriale tra artigiane di cultura”. Avete anche autori uomini: come mai il femminile?
Sì, benché le donne siano in netta maggioranza in ogni ambito, dalla redazione, al campo delle collaborazioni, fino alla compagine autoriale. Nella declinazione di genere, usiamo preferibilmente il femminile inclusivo in risposta all’uso abitudinario del maschile sovraesteso, il cui monopolio nella nostra prassi linguistica è relativamente recente.
Il vostro catalogo è ricco di buoni autori, ancora poco conosciuti: come li selezionate? Cosa deve colpirvi, in un testo che pubblicherete?
Scegliamo i libri dei quali ci innamoriamo e li scegliamo solo se il giudizio di tutta la redazione è unanime. Pubblichiamo solo con autrici e autori disposti a dialogare, a mettersi in discussione, a fare gioco di squadra. In un testo apprezziamo la pulizia e l’agilità del linguaggio, l’originalità dell’argomento e dell’argomentazione, la capacità di coinvolgere chi legge.
‘La vita opaca’, il libro di Sara Maggi, per esempio è stato scelto per la schiettezza e l’agilità della scrittura, ma anche perché tocca un tema comune, per certi aspetti tabù, pure se noto a molte donne e anche a molti uomini: l’abbrutimento della vita matrimoniale e la violenza che, in forme sorde o eclatanti, a volta la intride., Sara ha saputo raccontare tutto questo senza vittimismo e senza compiacimento, in un modo che può facilmente toccare le lettrici e persino stimolare una certa immedesimazione con la protagonista.
Un altro elemento che contraddistingue i testi editi da pentàgora è la possibilità di contattare gli autori e gli illustratori: a fine lettura, si trova il loro indirizzo e-mail. Ciò consente ai lettori un rapporto diretto con gli autori. Il testo di Sara Maggi, La vita opaca, affronta un tema purtroppo molto comune: la violenza psicologica nel matrimonio; qual è stato finora il feedback del mondo femminile?
Finora il riscontro è stato forte, solidale ma ancora limitato nei numeri. Questo credo dipenda soprattutto dalla difficoltà di fare conoscere i nostri libri in un mercato che conta 70.000 titoli ogni anno.
La promozione è una fase cruciale nel lancio di un libro. Immaginate book tour all’insegna del Green Pass, o incontri digitali tra autori e lettori? I lettori de La vita opaca avranno la possibilità di conoscere l’autrice dal vivo?
Autori e autrici sono costantemente impegnate nella promozione e nella presentazione dei loro libri, oggi resa più complessa dai provvedimenti legati al contenimento della pandemia. Attraverso la nostra pagina facebook (pentàgora) e il nostro blog.pentagora.it si può restare agilmente aggiornati su presentazioni e incontri. La scelta di inserire – dove possibile – il contatto diretto con autrici e autori nasce dalla cifra sulla quale muove tutto il nostro lavoro: la relazione personale. Tra noi, con chi scrive per pentàgora, con chi ci legge, tra chi legge e chi scrive.
Il libro che non ha ancora incontrato, ma che le piacerebbe pubblicare?
Un libro necessario, di quelli che se non saranno pubblicati il mondo sarà più povero, bello come ‘Trieste’, di Dasa Drndic, o come ‘L’opera al nero’, di Marguerite Yourcenar.
Agosto 20, 2021 il 1:21 pm
Intervista davvero molto interessante.
Desidero soffermarmi su un aspetto tutto sommato (apparentemente) marginale: il font.
La lettura dei libri pentagora è mediamente più difficoltosa di qualsiasi altra.
Questo mi è stato fatto notare da una conoscente dislessica, ma anche io la trovo faticosa, sarà che mi trovo in quella fase del visus in cui non sei ancora presbite ma nemmeno così disinvolta nel leggere qualsiasi cosa con ogni tipo di luce …
Ora: se la scelta tipografica vuole implicitamente comunicare qualcosa del tipo -Attento, lettore. Stat per affrontare un testo impegnativo, ti dovrai concentrare al massimo-. Bene, può essere discutibile ma ha un senso. Se invece così non fosse, credo che qualcosa potrebbe anche essere rivisto. Non saprei dire cosa, senza snaturare la riconoscibilità dei libri. Non sono un’esperta, ma tutto quello che sono in grado di cogliere (grana della carta, font, corpo e legature) mi sembra stancante.
Agosto 21, 2021 il 10:36 am
Claudia,
grazie,
non è un aspetto marginale e le tue osservazioni critiche sono puntuali e meritano una riflessione collettiva: non tanto sul corpo (12 ! come poche altre case editrici), o sulla carta (avorio chiaro opaca, è la migliore uso-mano di Fedrigoni), quanto sull’opportunità delle legature che, malgrado il loro valore estetico, possono essere d’intralcio a una corretta lettura.
Sarebbe importante leggere, su questo punto, altri pareri di lettrici, collaboratrici, autrici (la declinazione al femminile ha un valore inclusivo e sovraesteso :-).
Massimo
Agosto 20, 2021 il 2:31 pm
Bellissima intervista! Grazie.
Agosto 21, 2021 il 12:10 pm
Grazie Massimo della cortese risposta.
In effetti quando ho scritto avevo in mano un libro del 2013 (Contadini sulla strada) che, confrontato con l’ultimo acquisto che ancora non ho affrontato (Il più dolce nome), ha una leggibilità ben diversa. Noto che si è lavorato molto sul corpo e la spaziature, e il risultato davvero considerevole denota la continua tensione alla perfezione del prodotto.
Claudia