Nessuna brava scrittrice si sognerebbe di progettare un ponte autostradale, eseguire una tracheotomia, condurre un percorso di psicoterapia, pilotare un aeroplano, senza avere le competenze professionali necessarie, quelle che si acquisiscono con il tempo, lo studio, l’impegno e il confronto con chi le ha già acquisite. Evidente, no? Ma questa considerazione semplice e ovvia, capovolta non vale più. Ci sono medici, insegnanti, architetti che vogliono cimentarsi nella narrativa come se il farlo non costasse nulla, nessun apprendistato, come se scrivere e raccontare non richiedesse mestiere.
La ragione è sempre la stessa:
Faccio da anni un mestiere arido – oppure, Ho fatto per anni un mestiere arido – e ora voglio togliermi qualche soddisfazione perché, sa, ho sempre avuto la passione per la scrittura, ma per campare dovevo fare il dentista. Ma ora…
Ha esperienze di scrittura?
Sì, ovvio, ho scritto tre monografie sull’implantologia [due pagate con i fondi dell’università, una pubblicata a proprie spese] e sulle riviste di prima fascia un numero rilevante di articoli su ortodonzia, maxillo ecc., ma nel cassetto ho anche un fantasy!
L’anno scorso un ingegnere (pardon, un manager) di un colosso della siderurgia mi ha inviato la sua autobiografia romanzata (ma cambiando i nomi – Pietro era diventato Piero – ché non si sa mai) insieme con un curriculum, da ingegnere e dirigente e docente universitario, davvero impressionante. Di fronte alla dichiarazione Sono andato in pensione e ho deciso di cominciare a scrivere, forse per lui avrei dovuto esultare, abbracciarlo come il padre della parabola al figlio spendaccione tornato miscio, rivelargli che in Pentàgora non era solo benvenuto, ma anche atteso, da anni, da sempre: finalmente!
Ho risposto al dott. prof. ing. (Mi chiami pure solo dottore, così ci poniamo sullo stesso piano – aveva detto l’imprudente) che quel curriculum per noi non era rilevante, anzi… (per l’ineleganza di essere fuoriposto, forse un poco controproducente) e che scrivere è una professione e una professione non si improvvisa. E lui, d’impulso: Ma io sono un professionista! Riguardi il mio curriculu (sic!) con più attenzione, per favore!
Vi risparmio il resto della conversazione e il crescendo di stizza dell’ex-manager che, vittima di un delitto di lesa maestà, alla terza battura aveva voluto riassumere il titolo di prof. ing. Totò ci avrebbe costruito su una gag, Marenco un racconto.
Torno a dirlo: avere imparato la tecnica della scrittura (e poco o tanto a scuola questa la impariamo tutti), non vuole dire saperne l’arte; una cosa è essere scriventi, altra essere scrittrici. Puoi essere plurilaureata, avere alla spalle una lunga esperienza accademica, avere scritto poesie fin da bambina, magari saper cucire le parole senza che si veda troppo l’imbastitura e confezionarle con riccioli e merletti (ma così fai capire che sei una dilettante); però se vuoi piantare cipolle, chiedi a un contadino e guarda per un paio di anni come fa; se vuoi costruire un ponte, studia e poi fai apprendistato da chi lo sa fare. E non ti scandalizzare se non trovi accondiscendenza, ma ascolta: potresti perdere l’occasione di imparare qualcosa. Così abbiamo fatto tutti. Si fa così.
p.s. 1989: ricordo il mio primo scritto stracciato davanti ai miei occhi più volte (non rifiutato, stracciato); ero incredulo, toccato nel vivo, ma non ho mollato: Ma fammi capire dove sbaglio, dimmi cosa vuoi?
La quinta o la sesta volta – non ricordo – aspettavo un nuovo strap-strap, che però non è arrivato: Togli la premessa, non serve; taglia qui e qui; e smettila di parlare in terza persona, sembri matto… Il finale, no questo brano va all’inizio e poi… ecco, chiudi qui.
Poi venne la settima: lui leggeva e poi rileggeva. Io ero pronto all’ennesima riscrittura, ma quello che arrivò fu un inatteso Ora ci siamo! Da quella volta, il mio lettore del tempo non mi ha più respinto nulla
Novembre 29, 2020 il 1:13 pm
Quanto è difficile ed altrettanto importante diventare e ridiventare costantemente allievi.
Grazie
Novembre 29, 2020 il 2:53 pm
Il dilettantismo professionale è diffuso in tutti gli ambiti: medicina, cucina, giurisprudenza…
Da tempo non sento rispondere: “Non lo so”.
Grazie Massimo, ottima riflessione valida oltre l’editoria.
Novembre 30, 2020 il 1:23 pm
Siamo così stufi di vedere quanti scrivono e si scrive di tutto ed effettivamente tutti sanno tutto se credono di saperlo fare, e spesso anzi dicono che gli specialisti sono troppo accademici e manca loro la fantasia, l’idea geniale e gli editori stampano però, tanto con dolo: splendido lavoro ma lei deve comprarne 500 copie, e così via, quanti alberi tagliati per niente, anzi facendo un doppio danno: alla natura e ai potenziali lettori. Si potrebbero anche fare dei nomi sugli esperti che a volte compaiono in televisione, e più speso sullo stile di molti, molti, giornalisti, mi sembra che sia una gara e essere più pop più smart, frasi spezzate a caso, quattro parole in gergo, non sempre comprensibili e cinque in inglese, e se è valida la sostanza di quanto detto, si sarebbe potuto scriverla con garbo (non devi fare l’artista, non sbagliare campo!) in dieci righe per capirei meglio e poter leggerei di più. L’incompetenza è un mestiere trasversale non guarda né età né sesso (anche se, forse, l’uomo c’è di più).
Dicembre 1, 2020 il 6:53 am
Il discorso è lungo…Comincia dalle possibilità dei piccoli di imparare facendo e attraverso quello che si fa con altri.. Non avanti comunque, così come viene, ma sudando davvero, per imparare poi fino a quando si appassisce.. Avere a che fare con chi usa con passione la testa, le mani e il cuore serve, per coltivare il nostro seme. Di diverso pomodoro, diversa patata, diverso umano.. . Leggere e scrivere aiuta comunque, a prescindere… Fosse pure con un appunto a matita, uno scambio di piccoli pensieri, che si aprono ad altri…non per i social o perchè si stampi..