Piccole fughe: la strada bianca
Si prende la strada bianca quando forte è il bisogno di ca(r)pire.
Un perché, un colore, un filo che colleghi e tenga insieme.
Ieri guardavo il campo di là dal fosso, che interrompe la strada bianca.
E’ un campo che ha lavorato, quest’estate: granturco granturco e granturco.
(Da lontano la casa galleggiava sulla testa delle pannocchie, tenuta su dal respiro dei pioppi)
Adesso il campo è terra bruna e rivoltata, come certi vecchi cappotti che, sul rovescio, tengono i segni delle cuciture e il senso della non usura.
La terra, dove è compatto il segno della lama, è lucida e lisciata da segrete ferrate.
Ha un colore stupito. Quell’azzurro che i metalli sottraggono al fuoco.
E’ fresca la terra di sotto e grassa e umida.
La guardi e pensi che questo è il suo modo di attendere.
Chissà come ci si sente ad essere terra nuova.
A cominciare il viaggio di sopra, a lasciare il buio, il silenzio, la parte degli umori e delle radici per la superficie.
Mai (mi) è stato più chiaro il senso e il peso dell’ “esporsi”.
Guanto rovesciato.
Nell’attesa del verde.
Dicembre 12, 2019 il 12:03 pm
Terra nuova rivoltata…in attesa del verde.
Un viaggio che lascia il buio e il silenzio e si espone.
Al vento, alle intemperie, al sole che scalda e brucia. Pure conserva come dono prezioso il buio che prima portava con sé. Si e sempre pronti a rinascere dopo ogni sosta.
Grande Zena.
Corrada
Dicembre 12, 2019 il 7:40 pm
cara Corrada, penso, in questo periodo, alla necessità di rinnovarsi e di uscire allo scoperto. E la terra proprio questo ci suggerisce, con la sua capacità di germinare, ogni volta, dopo il buio e il silenzio.
Abbraccio
zena
Dicembre 13, 2019 il 7:40 pm
Sempre poesia.
Dicembre 15, 2019 il 10:00 am
E tu sempre cara, Antonella.
Mi piacerebbe vederla prendere forma attraverso i tuoi tocchi gentili, questa strada.