Oggi, 27 gennaio, è il Giorno della Memoria.
La testimonianza diretta dei campi di sterminio nazisti, da sempre rara e labile, è ora quasi scomparsa. Tra non molto, per forza di natura, non ci saranno più testimoni diretti.
Ma se la memoria è attributo di un soggetto e il soggetto non esiste, dunque non esiste neppure la memoria.
Questa sera andranno in onda in televisione film e documentari sul periodo storico, sui campi, sui libri e gli autori che hanno portato testimonianza. Sentiremo ancora cento volte la bellissima e struggente musica della colonna sonora di Schindler’s list. Siamo i nuovi testimoni, richiamati continuamente dallo slogan: ‘Per non dimenticare’.
Si dimentica (o non si dimentica) quello che si è vissuto. Ciò che non conosciamo non lo possiamo dimenticare. Quello che possiamo testimoniare noi, nuove generazioni del ‘dopo shoà’, è che abbiamo visto bellissimi film, letto o sentito raccontare storie, visto documenti e reperti. Ma non siamo testimoni. Non possiamo ‘dimenticare’ perché (fortunatamente) non siamo testimoni, non abbiamo vissuto quel fatto, non abbiamo visto la Medusa negli occhi.
Per quanto un film sia bello, verosimile e ben fatto, resta un film, una ricostruzione.
A noi sta un altro dovere, altro che non sia quello di ‘non dimenticare’. Noi siamo tenuti a capire, a comprendere come è stato possibile, ed impegnarci nel nostro piccolo quotidiano affinché non si ripeta. Per capire abbiamo gli strumenti, forse migliori addirittura di quelli a disposizione dei testimoni: saggi, testimonianze, statistiche, storiografia, archivi, narrativa, film e documentari. Non limitiamoci alla commozione, siamo umani: cerchiamo di comprendere.
Gennaio 27, 2021 il 10:42 am
Caro Alessandro,
condivido la tua riflessione, occorre anche capire che quello che è accaduto allora non necessariamente si ripeterà nelle stesse forme.
Dobbiamo essere capaci di riconoscere il male e contrastarlo prima che questo si manifesti con evidenza.
Gennaio 27, 2021 il 10:53 am
Certamente!
Gennaio 27, 2021 il 11:05 pm
Grazie caro Alessandro. In questi giorni mi viene sempre in mente questa poesia: “La fine e il principio”, qui c’è tutto il tuo pensiero…
Dopo ogni guerra
c’è chi deve ripulire.
In fondo un po’ d’ordine
da solo non si fa.
C’è chi deve spingere le macerie
ai bordi delle strade
per far passare
i carri pieni di cadaveri.
C’è chi deve sprofondare
nella melma e nella cenere,
tra le molle dei divani letto,
le schegge di vetro
e gli stracci insanguinati.
C’è chi deve trascinare una trave
per puntellare il muro,
c’è chi deve mettere i vetri alla finestra
e montare la porta sui cardini.
Non e’ fotogenico
e ci vogliono anni.
Tutte le telecamere sono gia’ partite
per un’altra guerra.
Bisogna ricostruire i ponti
e anche le stazioni.
Le maniche saranno a brandelli
a forza di rimboccarle.
C’è chi con la scopa in mano
ricorda ancora com’era.
C’è chi ascolta
annuendo con la testa non mozzata.
Ma presto
gli gireranno intorno altri
che ne saranno annoiati.
C’è chi talvolta
dissotterrerà da sotto un cespuglio
argomenti corrosi dalla ruggine
e li trasporterà sul mucchio dei rifiuti.
Chi sapeva
di che si trattava,
deve far posto a quelli
che ne sanno poco.
E meno di poco.
E infine assolutamente nulla.
Sull’erba che ha ricoperto
le cause e gli effetti,
c’è chi deve starsene disteso
con la spiga tra i denti,
perso a fissare le nuvole.
(Wislawa Zimborska)
Gennaio 27, 2021 il 11:19 pm
Grazie a te, Franca!