di Massimo Angelini
… ovvero la poesia quando dismette il verso e si scioglie in prosa, allora la parola s’incarna e racconta la vita di ogni giorno, la vita alla portata di tutti, e non sai dire bene cosa sia – prosa o poesia? – perché entrambe sono compresenti e complici, come la notte e il giorno nella prima luce dell’aurora (non più l’una e non ancora l’altro), come la soglia del bosco, come la bellezza mulatta, e ogni tempo, luogo, persona e forma liminale, dove il confine non è separazione, ma terra d’incontro e mescolanza e contaminazione.
la prosopoetica non si addice alla finzione, al romanzo, al racconto di fantasia, non cede alla retorica né all’enfasi, non fa riccioli alle parole, né veste quelle che sull’autobus o tra gli amici non useresti, ma parla della vita normale, quotidiana, però riletta sotto una lente non ovvia, in cui il miracolo è la norma non l’eccezione e il bello può tralucere ovunque, anche dove non si è educati a riconoscerlo.
richiama alla mente e rende presente quello che immediatamente non è visibile; come in una segreta intercapedine di senso, tra le cose, nelle relazioni, attraverso le sensazioni e i sentimenti fa vedere (perché guardare non basta) filigrane, intrecci, significati, presenze, storie o tranelli.
ecco che una cipolla è terra, lavoro, abiti della stagione incerta, meraviglia di forme ma anche la miseria di chi non vedendo nulla di tutto questo saprebbe tradurla solo in peso e denaro… E un monte è comunità di viventi che confliggono e convivono, colosso col mantello di erba e la capigliatura di alberi, testimonianza di ere geologiche, punto di sutura tra il cielo e la terra, reti venose di acqua, spazi di conquista… Un bacio in punta di labbra è una congiunzione di stelle erranti, la pelle una biografia, gli occhi una finestra sul cuore e ogni respiro un dono.
poesia non contratta in versi, prosa che non si concede alla fantasia e al sogno, la prosopoetica ci parla di piccole o grandi cose di questo mondo, di questa vita, che riguardano tutti, alla portata di tutti.
vuoi trovarne alcuni esempi, pochi fra i molti?
il silenzio è cosa viva, di Chandra Livia candiani;
Maria delle pecore, di Christian signol;
una gioia silenziosa, di Etain addey;
la vita grande, di Christian bobin;
aceto, arcobaleno, di Erri de luca
humus, di Bianca bonavita
la raccontadina, di Francesca pachetti, che per dire la prosopoetica annota così:
vedo la penna come Il bisturi che taglia i giorni; il pensiero, invece, ne dilata le sue parti.
tutte.
con la lente del cuore s’inizia a guardare dentro, quello che c’é, che manca e che manda in rovina.
su quel tavolo il lavoro da fare è salvare. il coraggio della penna sottolinea tutto quello che ha ancora un respiro, quello che se corretto e aggiustato, ri porta in vita.
resurrezione di ogni singolo giorno, vissuto.
camera iperbarica dove non è concesso l’ingresso alla distrazione dell’apparenza.
e così, sul filo del discorso si ricuce: a volte un minuto, altre un’esperienza, altre ancora, quasi una vita.
Luglio 23, 2019 il 8:07 am
Prosopoetica.
Impossibile chiuderla in un genere e neppure escluderla.
Scorre, libera e sottile, e spunta all’improvviso, come certe frescure o tratti di fiume carsico. E’ allora che sa cambiare il contesto che la contiene.
Vive non solo grazie al potere figurativo delle parole che annodano, con un cesello di infinite sottrazioni, esili ponti fra cose e tempi divaricati; sanno ‘ripensare’ per immagini la realtà. Reinventarla.
La prosopoetica, e lo dico sottovoce, per me ‘accade’ anche quando le parole diventano musica: suonano e ballano, scelgono un ritmo, accelerano e poi stringono, balbettano e poi cantano…
Se i due percorsi s’incontrano, la scrittura diventa luccichio.
🙂