Vita da editore (1)
… sono le proposte che arrivano e che quasi regolarmente dobbiamo declinare.
Un po’ perché, si capisce: 1, 2, anche 3 la settimana, sono più di 100 proposte l’anno, ma noi siamo piccoli, in un anno pubblichiamo solo dai 10 ai 20 titoli.
Un po’ perché, diciamocelo, una cosa è la tecnica della scrittura – e questa a scuola la impariamo tutti – altra l’arte, ché tra essere scriventi o scrittori ci passa proprio la bella padronanza della parola e di ciò che si vuole narrare e, per il mio sentire, anche il gusto della prosopoetica, delle parole che sanno dire più del loro significato stretto nel vocabolario, delle storie che sanno raccontare più della loro trama, delle assenze (i vuoti, le pause, i silenzi, le sospensioni) che incoraggiano ad andare oltre l’orizzonte dell’ovvio. Ebbene, tanta parte di ciò che viene proposto tutto questo lo tralascia o lo ignora. E così arrivano storie piatte, storie confuse, storie banali, spesso ignare dei limiti e delle modalità che indichiamo [qui], spesso ignare di cosa pubblichiamo, persino di chi siamo!
E mi chiedo: perché si desidera fare stampare qualunque umore, qualunque fantasia passi attraverso la penna o la tastiera? In fondo, per pubblicare oggi basta internet: una pagina, un sito, un blog, e tutto diventa pubblico. Ma perché farlo stampare?
Scrivere (come leggere!) è arte, mestiere, fatica, non s’improvvisa, non s’improvvisa nulla. E poi bisogna leggere e ancora leggere, e apprendere i trucchi del mestiere da chi li padroneggia, così che per scrivere un primo buon libro – ne sono certo – bisogna averne letti cento belli, bellissimi.
Eppure, qualche volta pare di capire che il modello letterario che vibra sotto il testo è il tema scolastico, nulla di più.
Così, quando inizia il dialogo con un’autrice, io le chiedo: Cosa ama leggere? Quali sono i suoi autori preferiti?
Beh, forse faticherete a crederci, ma c’è anche chi dopo avere proposto un libro, alle mie solite domande ha risposto: Io non ho tempo per leggere; oppure: Io, sa, non amo leggere; oppure: Una volta ho letto un libro [uno?], ma non ne ricordo il titolo… mmm, neanche l’autore… – E l’argomento? – … No, neanche quello, ma ce l’ho sulla punta della lingua.
E con un movimento intermittente del dito – temendo chissà quale spazio di fraintendimento – mi indicava proprio la lingua.
Comunque assaggiamo ogni proposta e rispondiamo a tutti. Con rispetto e simpatia (perché principianti lo siamo stati tutti, e per alcuni aspetti io mi sento ancora così).
Volete sapere cosa arriva? Curiosi? Queste le prime tre categorie:
– memorie e autobiografie (anche se qui diciamo che non le accogliamo);
– fantasy (anche se qui diciamo che non ce ne occupiamo);
– zibaldoni (anche se qui diciamo che non li pubblichiamo).
Luglio 1, 2019 il 1:50 pm
che bella la vita da editore, è come quella del cuoco che va a farsi la spesa, e prima di sapere come cucinerà si assicura che sia tutto di qualità. A me non piacciono per principio le scuole di scrittura dove si insegna a prendere per il naso i lettori con scene madri a pagine strategiche in modo che non si possa mollare lì e andare altrove almeno col pensiero. Come per arrivare al pane ci vuole un agricoltore un mugnaio e un fornaio che si rispettino, e ognuna faccia bene il suo, così per arrivare a un buon libro immagino ci vogliano una storia e il suo scrittore, un editore e il suo naso per scovarla, un libraio e la sua pazienza di passare il tempo in mezzo ai libri per tutti i gusti, sapendo che fra loro c’è quello davvero speciale
Luglio 15, 2019 il 3:29 pm
Grazie Maddalena per il commento.
Che bella la…mah, non lo so. Si, è bello ma anche faticoso leggere due o tre proposte la settimana e rispondere a tutti, quasi sempre dicendo “no, grazie” e spiegando il perché con il desiderio che nessuno resti offeso dal rifiuto. :>
Luglio 1, 2019 il 7:32 pm
Quanto è vero… Io ho sempre scritto, ma, vent’anni fa, ho scelto di non pubblicare. Ogni tanto faccio leggere un mio racconto, ogni tanto qualcuno, anche del mestiere, si entusiasma, e mi dice che dovrei buttarmi. Ma ho troppo rispetto per la letteratura. Credo che scrivere sia una fatica immane, che serva più disciplina di quanta ne possiedo, e che occorra la capacità di fissare una struttura a cui sacrificare anche le frasi che ci piacciono di più, perché le ameremo anche tanto, ma appesantiscono, frenano lo stile. Che serve, perché, come i contenuti forti, è quello che ci incatena a una pagina quando siamo lettori. Leggo mediamente una quarantina di libri l’anno, tra saggistica e narrativa. E graphic novel, e tutto ciò che trovo di scritto. Ma non credo basti ancora. Però conosco un sacco di gente che scrive di continuo, e non legge mai. Ma non penso abbia a che fare con la letteratura. Più che altro alla psichiatria..
Luglio 15, 2019 il 3:35 pm
Buongiorno Sara,
apprezzo tantissimo la sensibilità che traspare dalle tue parole.
Puoi immaginare che ogni volta che qualcuno sa che faccio l’editore immancabilmente io mi senta dire: “Ah bene, ho giusto un libro da pubblicare”, oppure: “Anche io scrivo libri: ora glie li invio così mi dice cosa ne pensa”, oppure “Che bello! voglio scrivere un libro anche io… Che genere mi consiglia?”, e altre curiosità del genere.
Ci s’improvvisa, Sara, ci s’improvvisa; qualche volta anche con presunzione e poca confidenza con la lettura (e, quindi, con la scrittura).
Luglio 1, 2019 il 7:34 pm
Problema con il T9: “alla psichiatria”è “con la psichiatria”..
Luglio 1, 2019 il 9:32 pm
RAVVEDIMENTO DELL’AUTORE
…scribo, et simplex populi suffragia capto” (Orazio, epistola 2, lib 2)
L’arte, ch’io scelsi, è un bel mestier, per dio.
Logorarmi il cervel mattina e sera,
per far di carta bianca carta nera;
profonder tutto in linde stampe il mio,
su le prove smarrire gli occhi e il brio,
assaporar la turba menzognera,
cartaiuola, protesca e torcoliera;
poi, perch’altri mi compri, accattar io;
appiccicarmi i masnadier librai
che a credenza ricevono, e fan grazia,
né metallo per foglio rendon mai;
il revisor soffrir, che l’uomo strazia;
e viver sempre, in somma, in mezzo a’ guai,
per trovar appo i leggitor disgrazia.
Stanca in tal guisa, e sazia,
tace anzi tempo ogni laudevol brama,
in chi scrivendo merca itala fama.
(Vittorio Alfieri)
Hai ragione Massimo, ma tant’è un po’ di narcisismo…
Luglio 15, 2019 il 3:40 pm
Bello Franca!
Tu dici “il narcisismo”…
sì, certo.
E cosa spinga a scrivere senza mestiere forse non è solo narcisismo, ma anche un bisogno terapeutico di riordinare ricordi, di dare una ragione alle delusioni, di rimettere la vita sfilacciata dentro un canovaccio di senso, di pietosi dire qualcosa (scrittore è meglio di nulla, no?).
Scrivere fa bene, ma questo non è un buon motivo per volere anche pubblicare cosa si scrive.
Grazie.